Stagisti per sempre: perché?
Il contesto in cui oggi ci si affaccia sul mondo del lavoro è molto cambiato. <<Negli ultimi 15 anni il numero dei laureati è quasi raddoppiato>> spiega Francesco Pastore, docente di Economia del lavoro all'Università di Napoli e ricercatore all'istituto di ricerca sul futuro del lavoro di Bonn.
<<Il mondo delle aziende, però, non è pronto a riassorbirli tutti con un impiego adatto alle loro capacità>>. E il fenomeno delle lauree fuoricorso non aiuta: in Italia, il primo impatto col mondo del lavoro, arriva sempre più tardi.
"Tanti laureati, poco competenti"
Chi si laurea è preparatissimo sul piano teorico, ma ha poche competenze pratiche. Non tutti i corsi accademici spingono gli iscritti a fare esperienze lavorative durante gli studi, e chi lo fa punta generalmente su tirocini di brevissima durata.
Il neolaureato, spiega il professor Pastore, impiega mesi a recuperare questo gap: sentendosi carente in tutto, è disposto ad accettare qualunque posizione pur di fare esperienza. Non è raro che svolga uno stage che non garantisce alcun tipo di formazione; e il ciclo ricomincia.
Il problema della normativa
C'è poi il problema normativo, continua il professor Pastore. In Italia, infatti, manca un contratto di ingresso standard: anni fa si offrivano sin dall'inizio posizioni a lungo termine.
Ma sono finiti i tempi in cui si poteva fare causa ad un datore di lavoro che non assumeva o pagava poco: oggi un'azienda ha a disposizione una miriade di soluzioni contrattuali intermedie a limite del precariato. Tutte perfettamente legali.
Nel 2011, con il testo unico sull'apprendistato, si era cercato di porre un argine alla situazione, proponendo come contratto di ingresso un accordo che garantiva formazione per due anni
per poi puntare direttamente all'assunzione.
Vietato non pagare
Ma fin quando non verrà imposto un controllo serio sull'operato dei datori di lavoro, abolendo in toto ogni forma di impiego gratuito, e spingendo -anche con incentivi- a stipulare contratti finalizzati all'assunzione che prevedevano un periodo di formazione, sarà difficile uscire da questo circolo vizioso.
Con il JOBS ACT e il contratto a tutele crescenti, il governo punta a fare grandi passi in questa direzione, aggiunge il professor Pastore; la strada, però, è ancora lunga. E come sostengono molti giuristi del lavoro, i divieti non bastano: le aziende troverebbero un modo per aggirarli.
Usciremo mai dal tunnel?
La cosa più importante, sostiene il professor Pastore, sarebbe agire sulla formazione direttamente all'Univerisità.
Un laureato che è sicuro delle sue competenze, non si piegherebbe a continuare a fare stage di tre mesi, e un'azienda incentivata ad assumere con contratti di apprendistato, smetterebbe forse di proporli, per investire davvero sulla formazione dei suoi dipendenti. Le proposte ci sono, ma la strada da fare è ancora tanta.
HOME
<
>