Un’eredità inaspettata

Viaggio attraverso i segni profondi che l’antica civiltà etrusca ha impresso nel nostro presente.
Sugli etruschi circolano tante leggende; forse è per questo che tante persone subiscono ancora oggi, dopo più di duemila anni, il fascino della loro civiltà. Ma l’interesse degli appassionati non basta: per salvaguardare il ricordo dei nostri antenati, è necessario che tutti conoscano meglio la loro storia.

Un popolo misterioso (ma non troppo). Cosa ci hanno lasciato gli etruschi? Più di quanto si crede, anche nel modo di esprimerci. Parole comuni, come “popolo”, “mondo”, “persona”, “atrio”; i nomi di molte città, come Perugia, Tarquinia, Arezzo, Cortona; i nomi del mar Tirreno e Adriatico; e ancora, espressioni come “fare gli auguri”. Non ce ne rendiamo conto, ma tutte le volte che usiamo questi termini parliamo un po’ in etrusco. Oltre ai lasciti lessicali ci sono ovviamente le testimonianze archeologiche: innumerevoli gioielli, vasi, sarcofagi, necropoli, segni tangibili di un passato da riscoprire. Gli etruschi rimangono ancora oggi avvolti da un alone di mistero: dalle numerose teorie elaborate dagli storici sulla loro provenienza alle loro raffinatissime tecniche artigianali (come la granulazione dell’oro e i famosi vasi neri, i buccheri), su di loro circolano tante leggende. Come quella sulla loro lingua, che molti continuano a definire “indecifrabile”. In realtà, spiega la direttrice del Museo archeologico di Perugia, Luana Cenciaioli, si tratta di un falso mito: «L’alfabeto etrusco deriva da quello greco: chiunque abbia studiato al classico è in grado di leggere un’iscrizione». Il vero problema è che la maggior parte dei testi arrivati fino a noi sono iscrizioni funerarie. «Inizialmente si conoscevano soltanto nomi, cognomi e titoli dei defunti, ma poche parole di uso comune», racconta la dottoressa Cenciaioli. «Poi sono stati ritrovati anche documenti che parlavano della vita quotidiana, come il cippo di Perugia, un atto notarile che regola una questione di confine tra due terreni. Grazie a documenti come questo, gli studiosi sono riusciti a ricostruire buona parte del vocabolario etrusco».

Velzna e Perusna, le due capitali dell’ Etruria umbra. L’Umbria etrusca ruotava attorno a Orvieto e Perugia, le antiche Velzna e Perusna. Queste città, arroccate su colline sulla riva sinistra del Tevere, erano due baluardi degli etruschi contro un altro popolo, che abitava sulla riva destra del fiume e che ha dato il nome alla regione odierna: gli Umbri. Le due comunità erano spesso in conflitto, ma avevano anche dei fitti scambi economici e culturali. «Spesso si pensa al Tevere come un confine invalicabile, che divideva nettamente le due civiltà», racconta la direttrice Cenciaioli. «In realtà il fiume era più un punto di incontro che un ostacolo, una via commerciale dove popoli e culture entravano in contatto e si mescolavano». Anche grazie a questi proficui scambi, Orvieto e Perugia divennero due tra le città etrusche più importanti, come testimoniano monumenti colossali come l’arco e le mura etrusche, l’ipogeo dei Volumni e il pozzo Sorbello a Perugia e la necropoli del Crocifisso del tufo ad Orvieto. Un altro segno tangibile di questa importanza sono siti come la tomba Hescanas ad Orvieto, o come l’ipogeo dei Volumni a Perugia: tombe sontuose, volute da famiglie nobili e ricche e simbolo della potenza delle città in cui abitavano.

Sulle orme degli etruschi, oggi. Viaggiando attraverso i luoghi dove hanno vissuto, si capisce che in Umbria l’eredità degli etruschi è ancora presente. Le sfilate in costume, i convegni, i ristoranti che ripropongono piatti dell’epoca, sono tutte dimostrazioni di un forte interesse per la storia della regione. Tuttavia, nonostante il gran numero di appassionati, la maggior parte degli umbri non conosce abbastanza la storia dei suoi antenati: si sa che è esistita una civiltà etrusca, e magari a molti durante gli anni a scuola è capitato a visitare qualche sito archeologico, ma nulla di più. «Paradossalmente, i turisti stranieri sono molto più interessati di noi alla nostra storia», racconta Rosaria, una volontaria che accompagna i visitatori nella tomba Hescanas di Orvieto. «Dato che abbiamo monumenti e opere d’arte a portata di mano, noi italiani diamo tutto troppo per scontato». Un patrimonio culturale, quello che ci arriva dagli etruschi, che bisogna tutelare e valorizzare, anche per conservare la memoria delle nostre radici.

Autore

Chiara Sivori

Nata a Genova il 25 dicembre 1991. Laurea magistrale in Giurisprudenza, conseguita presso l'Università di Genova.