La campanella delle cinque

Autobus e treno, due ore di viaggio per andare a lavoro
Si sveglia tutti i giorni prima dell’alba per raggiungere Santa Maria degli Angeli, dove insegna: Cristina è una pendolare umbra che, a causa dei lavori sulla ex Fcu, è costretta a prendere un autobus da Città di Castello a Perugia

Un’abitudine chiamata pendolarismo – La sveglia di Cristina suona tutte le mattine – eccezion fatta per i weekend – alle 5. Alle 5.20 è in fermata, pronta a prendere l’autobus. Pettinata, truccata, curatissima. «Come faccio a metterci così poco? Mah sono abituata… poi abito davvero vicino alla fermata…». Cristina insegna francese in una scuola media di Santa Maria degli Angeli e tutte le notti dorme al massimo cinque ore «perché presto non ce la faccio ad andare a dormire, ma non è un sacrificio, ormai sono abituata…».
Il pendolarismo è questo, un’abitudine. Che da un po’ di tempo a questa parte è diventata più difficile per lei, Cristina, che ogni mattina, alle 5.23, parte da Città di Castello, prende un bus che la porta a Perugia (stazione Ponte San Giovanni) e da lì sale su un treno, direzione Santa Maria degli Angeli appunto. L’autobus sostituisce il treno della ex Fcu nella tratta Umbertide-Perugia, attualmente interessata da lavori di ammodernamento. Per raggiungere il posto di lavoro, complessivamente, la professoressa impiega più di due ore.
Lei vive il suo tran tran con stoica pazienza. E preferisce svegliarsi a quell’ora e cambiare due mezzi di trasporto piuttosto che fare il tragitto – poco più di sessanta chilometri – in auto da sola. Una questione economica, innanzitutto: per l’abbonamento spende 70 euro al mese, la benzina le costerebbe molto di più. E poi «la patente ce l’ho ma preferisco non essere io a guidare, almeno ho compagnia».


L’ansia di non arrivare in tempo (e altri disagi) – La compagnia è soprattutto femminile: alle 5.20, alla fermata di Città di Castello, Cristina si ritrova sempre con un gruppetto esiguo di donne. Impiegate, studentesse, insegnanti. «Siamo solo donne e devo dire che un po’ di paura c’è. Stare sole per strada a quell’ora, quando è ancora buio e non passa nessuno, non è bello». Il risvolto positivo è che si stringono amicizie, «si chiacchiera di tutto, non solo di lavoro». Di casa, per esempio, di figli lasciati a letto a dormire mentre la mamma esce per andare a lavoro.
Di fermata in fermata l’autobus raccoglie i pendolari della notte, che hanno facce e mani rintanate in sciarpe e piumini. «La più grande preoccupazione – racconta Cristina – è incontrare un ostacolo per strada e non arrivare in tempo a lavoro, con l’autobus gli inconvenienti sono più probabili». L’ansia di non arrivare in tempo, pur essendosi alzati alle 5, è quasi fisiologica per chi è abituato a prendere il treno, «anche se pure in quel caso i ritardi non mancano», aggiunge lei. Ma oltre alle ansie individuali ci sono i disagi collettivi: l’aria condizionata rotta in estate, il sovraffollamento, i controllori che spesso non ci sono perciò c’è chi paga e chi no, chi riesce a salire e chi no, chi si ritrova a litigare e chi è costretto a rimanere a terra e aspettare un altro autobus che passerà un’ora dopo. Troppo tardi per sperare di arrivare puntuali. Se il viaggio è tranquillo – senza intoppi, con la presenza rassicurante del controllore – il tempo scorre rapidamente. Nel silenzio dei tanti che ne approfittano per recuperare un po’ di sonno e di quello di pochi che invece si incantano a guardare l’alba.

Autore

Irene Roberti Vittory

Sono nata a Roma il 25 marzo 1988. Laureata in Lettere moderne, dal 2013 collaboro con il Corriere Fiorentino (dorso toscano del Corriere della Sera), occupandomi soprattutto di cultura.