Mobilità insostenibile

Troppe auto circolano a Perugia, secondo molti serve ripensare il sistema di trasporto pubblico.
Il Minimetrò e il servizio di bike sharing sono sotto utilizzati. Intanto il Comune ha ampliato ancora la possibilità di arrivare in centro con la propria macchina

A Perugia senza macchina? Impossibile circolare. Guardando gli ultimi provvedimenti della giunta guidata dal sindaco Andrea Romizi, sorge il sospetto che il perugino medio sia antropologicamente legato al volante della propria auto.
Dal primo aprile 2017, e in via di sperimentazione per un anno, chi vorrà salire verso l’Acropoli sulle quattro ruote, potrà farlo anche il sabato mattina, essendo stato ulteriormente ridotto il perimetro temporale entro cui la Zona a Traffico Limitato (ZTL) del centro storico è attiva. Una decisione che ha spaccato la cittadinanza in blocchi e tifoserie: residenti contro associazioni e a loro volta, associazioni contro commercianti.
Da un lato si sostiene che la misura possa servire a rivitalizzare il commercio nella parte alta della città, dall’altro che l’ulteriore allentamento delle maglie del divieto di accesso renda i dintorni di corso Vannucci ancora più schiavi dei veicoli, magari in “sosta selvaggia”. Comunque la si pensi, c’è evidentemente qualcosa che non va nel sistema di trasporti e mobilità del capoluogo umbro, una delle 7 città italiane – secondo l’ultimo Rapporto Ecosistema Urbano di Legambiente – con un rapporto di auto circolanti ogni 100 abitanti, pari o superiore a 70.

Minimetrò, che fare – La possibilità di accedere al centro storico in auto anche il sabato mattina, sembra sconfessare e contraddire implicitamente il sistema esistente di infrastrutture per la mobilità, ossia scale mobili e minimetrò. Quest’ultimo malgrado nel 2016 abbia visto aumentare del 4% le validazioni rispetto all’anno precedente, portando i ricavi da biglietteria a 2,2 milioni di euro, costa 9 milioni di euro, tra funzionamento (5,5) e ammortamento (3). Il minimetrò, benché operativo, è formalmente incompleto, dato che il progetto originario prevedeva un tracciato che si estendesse fino a Monteluce. Un’ipotesi da abbandonare, quella del prolungamento, secondo Mariano Sartore; il docente di Tecnica e Pianificazione Urbanistica all’Università di Perugia è più favorevole allo studio di soluzioni che possano massimizzare l’utilità dell’opera così com’è.

Hai voluto la bici…Ma non hai la ciclabile – Per i ciclisti, la situazione è anche peggiore. Il 1° rapporto sull’economia della bici in Italia e sulla ciclabilità delle città, a cura di Legambiente, dipinge il bike sharing perugino come un servizio impalpabile (0.18 biciclette ogni 1000 abitanti, 1 abbonato e mezzo ogni 1000 abitanti). Eccetto quella di piazza Italia, le stazioni dove prendere una bici “in condivisione” si trovano tutte a poca distanza nella parte bassa della città, lì dove i parchi e i pochi chilometri di piste ciclabili rendono le due ruote bici un attrezzo sportivo, da usare come mezzo di diletto ma difficilmente di trasporto. Sembrerà banale, ma a Perugia più che il bike sharing, servirebbero anzitutto le piste ciclabili.

Salite e discese – La diffusione della cultura della bici a Perugia si scontra poi con il luogo comune: troppe salite, pendenze da tappa dolomitica al Giro d’Italia, la città non si presta ad essere “bike-friendly”. A Lisbona, città che pure ha i suoi problemi di orografia dato che sorge su 7 colli, non ci si è arresi alla vulgata: entro il 2018 la capitale portoghese avrà una rete di 210 chilometri di ciclabili e un bike sharing da 1400 mezzi e 100 stazioni. Lo studio di architettura BXLX ha anche vinto un contest sul tema delle smart cities con lo sviluppo di un’app che, sfruttando il gps e le mappe sul cellulare, disegna itinerari nei quali la pendenza non supera mai il 4%.

Autore

Andrea Caruso

Nato a Benevento il 04/02/1989. Laureato in Scienze Politiche - Relazioni Internazionali presso la LUISS "Guido Carli" di Roma. Praticante del XIII Biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.